venerdì 14 settembre
ore 03,00 P.M.
oggi lui è andato in ufficio e, come a volte succede, ha
dimenticato il cellulare sul tavolo della cucina. sto qua a fissarlo
da mezz'ora, è acceso, non squilla. è rosso. e mi viene ancora
quell'idea insana, di chiamarla, di sentire la sua voce. e poi? che
le dico? "sono la ragazza di Andrea, volevo sapere come
stai"? bah. oppure "gli alcaloidi della segale cornuta
sono noti per provocare disordini mentali"? o forse sarebbe
meglio un semplice "muori, stronza". non lo so, ma sono
stufa. sono proprio stufa di sentir sempre parlare di lei, è una
fortezza, un rifugio, un container pieno di alibi. è sempre lì
pronta a sbucare da dietro l'angolo, per salvarlo dalle situazioni
che lui considera imbarazzanti, inventarsi un'uscita in un vicolo
cieco. ha sempre fatto o detto questo o quello, la sua invadenza
nella mia vita rasenta l'incredibile, l'ho pure sognata una notte, e
pensare che non l'ho mai vista. sarà rossa, come nella foto, o
bionda, come nelle strips di Escape? sono stufa.
sono quei momenti di integrale follia, frazioni di tempo in cui
potresti giocarti il respiro alla roulette russa: chi se ne frega,
la chiamo, chiamo Marzia. chissà, forse avere un contatto con lei
mi aiuterà a esorcizzarla. la chiamo, acchiappo il telefonino del
Previtera e scorro quel che lui chiama "il poema della
noia", premo il tastino e... scopro che non esiste: a nessuno
dei quattordici numeri che fanno riferimento a lei sulla rubrica del
cellulare risponde una Marzia. insomma, Marzia non esiste, non è
mai esistita.
sono le otto e un quarto, lui arriva: riconosco il frascheggio del
suo motorino, lo sento criccare le chiavi nella porta.
- 'ao.
- bao.
- ho telefonato a Marzia, oggi.
silenzio. mi guarda, ma forse non mi vede, gli occhi -verdi- si
confondono col colore di fondo della stanza, si squagliano,
diventano un variegato molliccio col suo soggiorno nuovo di zecca,
evaporano, lasciando macchie d'unto sulla tenda di bamboo. tutto il
suo tragicomico passato costruito su questa storia d'amore fantasma,
in meno di un secondo non esiste più. Last Cereal, non esiste più,
Urbino, l'eroina, il numero 25 non esistono più. Berlino, le
stelle, l'Achille morto, i Coldplay non esistono più. Andrea,
sovrano di un regno immaginario, non esiste più.
- mi ha cantato un kaddish, al telefono. poi mi ha detto: "Muzio
Clementi era un idiota". aveva una voce sfilacciata, ruvida,
stinfia.
ora mi vede. i suoi occhi riemergono lentamente dal muro,
riacquistando la loro terza dimensione. quanto tempo è passato?
quanto tempo è passato, Andrea, prima che tu riesca a dirmi, con
tono assolutamente normale "che c'è per cena?" buttando
lo zaino -pieno di paura- sul divano? un attimo infinito, in
cui tutta la tua vita ha perso e ritrovato un senso; un attimo
straordinario in cui ti sei trovato con le spalle al muro ed
immediatamente dopo correvi in un prato verdissimo, sospinto dal
vento cortese sotto un sole dolcemente elettromagnetico. un
attimo maligno, in cui ho deciso di esserti complice.
- matite con contorno di spine, cervello in brodo e gatto al vomito
per secondo.
- squisito, brava: da consumare con una buona bottiglia di
inchiostro di china del '99.
- alla Bibbia!
- alla Bibbia.
e alziamo i bicchieri, insieme.
by ittica 2001
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agosto 2010
a distanza di nove anni dalla pubblicazione di questo racconto Andrea mi scrive: "Ittiché per favore metti un disclaimer gigante a lettere di fuoco sul racconto in cui compaio. FICTION, storia fasulla, racconto, finzione, fantasia. Con cadenza annuale continua a provocarmi discussioni idiote. Grazie."
THUS lo accontento e vado a tagliarmi le unghie dei piedi.
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