Myra recitava le sue poesie davanti al
muro. non aveva pubblico: recitava al
muro. ogni sera costruiva con cura la sequenza di fonemi e il
risultato era sempre di una sconcertante bellezza. declamava i suoi
sonetti, ed era brava a farlo: sapeva miscelare parole e pause con
estremo senso del ritmo, non sbagliava mai un attacco o una battuta,
era sempre a tempo. non so se avesse studiato a lungo la modulazione
del tono di voce o se le venisse così naturale, so solo che la
gamma di sfumature espressive che riusciva a produrre era infinita:
dolcezza, scazzo, entusiasmo, tutto le apparteneva. e potenziava con
la mimica: ampi gesti compiuti con le braccia fungevano da
amplificatore, ridimensionavano i passaggi banali al minimo
indispensabile, esaltavano le frequenze più deboli ove ce n'era
bisogno. con quale facilità dirigeva la sua piccola orchestra!
scuoteva la testa come una dannata, sapeva muoversi quella stronza,
sapeva dare, quando voleva. vomitava periodi interminabili carichi
di rabbia, distorsione e adrenalina cui poneva a contrappunto frasi
brevissime, d'un minimalismo atroce. incertezze. pernacchie.
lacrime. i suoi erano versi intensi, estremi, addirittura pericolosi,
oserei dire. venivano fuori come un liquido denso dalla sua bocca
andando a rimbalzare sul muro -bianco, impenetrabile- di fronte,
innestando un gioco ipnotico di echi e rientri con cui le piaceva
trastullarsi, cozzando sulla superficie idrorepellente della parete
per poi tornare ancora a cercare il corpo di lei -come ricordi, come
deja vu- che mai si negava a questo straziante loop paranoico.
ipnotizzata dalle proprie performances, a volte si spaventava di se
stessa: "dove possono portarti le parole?". col cuore che
esplodeva in fuochi d'artificio vedeva la realtà sbriciolarsi come
un vaso di coccio, tutto si disintegrava sotto i suoi occhi, nel
sotterraneo barbaro della ragione. e continuava a recitare, sola davanti al muro.
by ittica 2002
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