il primo aveva comprato l'arroganza. ne aveva da
vendere, uh, quanta! era fiero del suo nuovo acquisto e non perdeva
occasione per mostrarlo a tutti. "sono un uomo di
successo" pensava "non ho bisogno di nessuno".
il secondo si abbottonava la giacca, lentamente. nel cestellino
di plastica rossa aveva bellezza -a chili- e qualche etto di
convinzione. irresistibile, si trovava irresistibile. "son
talmente sexy che guardandomi allo specchio mi eccito da solo"
pensava, soddisfatto del riflesso che gli rimandava la vetrina.
scodinzolava per il capannone senza neppure lumare intorno -come
faceva di solito- alla ricerca di uno sguardo complice femminile:
non gl'importava più, non gli servivano conferme.
il terzo spingeva a fatica il suo carrello strapieno di paranoia.
trasbordava da ogni lato e sarebbe stato impossibile arrivare alla
cassa senza lasciarne una scia consistente sul pavimento. arrancava,
e si guardava intorno sperando che nessuno notasse il disastro che
stava seminando nel corridoio antistante l'uscita. si chiedeva perché
diavolo non aveva preso uno di quei bei borsoni di plastica gialla a
disposizione dei clienti del market, invece del carrello: almeno
sarebbe riuscito a contenere il tutto ed evitare che scolasse giù
per terra, a favore dei bimbi che giocavano a girotondo. e invece...
ce n'era anche un quarto, ed era il più bislacco: lui aveva
fatto il pieno di tragedie. tutte finte, per carità, ma imitazioni
di un certo valore. difficile distinguerle dagli originali, neppure
lui era sicuro che -a distanza d'anni, quando la memoria avrebbe
cominciato a confondersi- ci sarebbe riuscito. avvilito, si
convinceva man mano che avanzava, che tutto questo gli avrebbe
creato alla fin fine una marea di problemi cui nessuno mai avrebbe
dato il giusto peso.
il quinto... il quinto era avanti, avanti. non essendo riuscito a
trovare dell'egoismo di marca (era in offerta e andava a ruba) si
era impadronito di tutto lo scaffale del cattivo gusto, senza
lasciarne una briciola per nessuno. bel colpo.
il sesto aveva barattato la sua intelligenza con uno stock di
scatolette contenenti falsità e ipocrisie d'ogni genere. niente di
originale, lo sapeva, non avrebbe stupito gli amici con la sua
spesa, ma poteva sempre dire che aveva fatto tardi per colpa della
fidanzata noiosa e non era rimasto niente di meglio. non aveva
neanche una fidanzata noiosa, ma non sarebbe stato difficile far
credere a tutti che un paio di sere prima si era messo insieme a
Manuela, tanto.
il settimo era l'ultimo della fila. sgranocchiava semi di zucca,
aveva gli occhi trasparenti ed il carrello vuoto. d'altronde non
avrebbe neanche avuto i soldi per pagare poiché li aveva spesi
tutti per il biglietto del treno, ma stava in coda lo stesso, e
ammazzava il tempo giocherellando con quei quattro spiccioli che la
macchinetta automatica gli aveva dato di resto. arrivato alla cassa
gli venne un'idea bizzarra e posò sul tapis-roulant tutti i suoi
buoni sentimenti. la cassiera alzò il naso seccata, alla ricerca
del volto dello sconosciuto che doveva pagare una cosa che non aveva
prezzo. che fosse un articolo nuovo? doveva forse chiedere alla
collega della numero due? ah, non ne aveva voglia, era in chiusura,
quello era l'ultimo e pareva pure un fessacchiotto che non avrebbe
piantato casini... inserì a mano il codice dell'indifferenza (lo
sapeva a memoria) "per quel che ne so io, devono avere più o
meno lo stesso valore", aggiunse la sportina di plastica e batté
lo scontrino.
by ittica 2001
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